Donna Haraway (Denver, 6 settembre 1944) è una filosofa e docente statunitense, capo-scuola della teoria cyborg, una branca del pensiero femminista che studia il rapporto tra scienza e identità di genere.
Nel 1966 si è laureata in zoologia e filosofia al Colorado College, mentre nel 1970 ha concluso un dottorato in biologia alla Yale University. Ha insegnato Teoria femminista e scienza tecnologica alla European Graduate School di Saas-Fee in Svizzera, e Teoria femminista e storia della scienza e della tecnologia nel dipartimento di Storia della coscienza dell'Università di Santa Cruz in California. Presso quest'ultima università è oggi professoressa emerita.
Il pensiero della Haraway è fondato sullo studio delle implicazioni della tecnologia e della scienza sulla vita dell'uomo moderno. Secondo la studiosa statunitense, la cultura occidentale è sempre stata caratterizzata da una struttura binaria ruotante intorno a coppie di categorie come uomo/donna, naturale/artificiale, corpo/mente. Questo dualismo concettuale non è simmetrico, ma è basato sul predominio di un elemento sull'altro: nella tradizione occidentale sono esistiti persistenti dualismi e sono stati tutti funzionali alle logiche e alle pratiche del dominio sulle donne, sulla gente di colore, sulla natura, sui lavoratori, sugli animali: dal dominio cioè di chiunque fosse costruito come altro col compito di rispecchiare il sé. La Haraway introduce quindi la figura del cyborg, che da invenzione fantascientifica diventa metafora della condizione umana. Il cyborg è al contempo uomo e macchina, individuo non sessuato o situato oltre le categorie di genere, creatura sospesa tra finzione e realtà: il cyborg è un organismo cibernetico, un ibrido di macchina e organismo, una creatura che appartiene tanto alla realtà sociale quanto alla finzione.